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Ultimo Aggiornamento: 23/08/2020 16:53
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10/05/2020 14:00
 
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Charles Bukowski - Il ritorno del vecchio sporcaccione
In Bukowski è forte l'insofferenza e la sofferenza verso un sistema che ti incanala in percorsi stabiliti, nel suo ciclo produttivo alienante, che ti deruba del tuo tempo, della tua persona, della tua umanità. Di ciò che desidereresti più semplicemente per te se non fossi troppo occupato per domandartelo. Mandrie di persone, dall'operaio al professionista più affermato, che corrono tutta la settimana, per poi ritirarsi nei loro loculi-condomini ed avere a stento il tempo della doccia e della loro solitudine. Donne in carriera, in forma, che al termine di una settimana di lavoro si ritrovano nei loro bei appartamenti, a programmare l'uscita del week end come sempre in bilico tra il desiderio di incontrare qualcuno e la probabilità di essere la tacca sulla cintura del prossimo collezionista. Sole.
Un sistema che ti strangola nella sua catena di montaggio, nelle regole già fatte, economiche e non solo, con il conseguente prorompente bisogno dell'autore di romperle: schemi, aspettative, regole, soprattutto sociali. Soprattutto se di opportunità, o decenza, o anche semplicemente di igiene personale.
La società ti impedisce di esserne fuori. È un patto che accetti nascendo e che poi devi rispettare. Non puoi riavere la tua unicità senza con ciò correre il rischio renderti "strambo", o reietto, o sporco...il derelitto malmesso buttato sulle scale da guardare con circospezione, o magari un pericoloso, un pervertito. Ed è quella che Buk rivendica: la sua unicità, anche a costo di ritrovarsi talvolta ad essere lui lo sporco, il reietto barbone del caso.
I rapporti, le relazioni, i sentimenti, le aspettative, la vita: tutto è raccontato in maniera cinica, cruda, diretta, crudele.
È un mondo dove sembra che non ci sia spazio per raccontare la realtà in alcun altro modo, senza con ciò scadere nell'ipocrisia, nel compromesso, nella falsità.
Il sesso, ad esempio, è vissuto senza tanti fronzoli, quasi con brutalità, liberato di orpelli e giri di parole, di qualsiasi politicamente corretto o comportamentalmente opportuno. Sincero, nella sua animalità. Asentimentale.
Le Donne lo vivono con maggior emozione, un misto di trasporto e pateticità, magari per una vita che non è andata, per qualcosa che è stato loro tolto. Sono necessarie, anzi utili, ma anche pazze e impossibili da reggere sul lungo periodo.
Bere è un modo per evadere, perché senza evasione, così, è troppo dura.
Non c'è gioia, non c'è enorme speranza. È una umanità derelitta, quella che emerge dalle pagine di Bukowski. Una umanità a volte divertita, ironica, a volte ipocrita, a volte sporca e malvagia, e lui la accetta com'è, passivamente, guardandola attraverso gli occhi di un inutile sbronzo che non sa cosa farci.
E, difatti, di fronte ad un compagno che aggredisce e stupra una ragazza, nulla di meglio trova da fare che attaccarsi, inetto, a una bottiglia.
La condanna del gesto c'è, beninteso. Ma non è una condanna morale: troppo di sbagliato è implicito nel concetto stesso di immorale. E allora, esiste si un male, un senso dell'ingiusto, ma non è in grado di definirlo, visto che ogni definizione lo riporta verso l'idea di morale, ossia di quelle regole della società che ripugna.
È un'umanità che di fondo si trascina, chi più consapevolmente, come lui, e quindi sudiciamente, da sbronzo, e chi meno, e quindi magari anche con la sua bella vita socialmente accettabile.
(Con il lavoro, il bel giardino, la bella moglie, e tutta l'ipocrisia ed il compromesso necessari a non accorgersi della propria infelicità, insoddisfazione, alienazione, privazione, incasellamento, rinuncia a tutte le proprie stranezze o particolarità socialmente non utili, o non produttive, o non opportune).
Non che non esista, nella massa, una generale propensione alla omologazione. Una loro mediocrità intrinseca. Quelli sono i migliori, magari ricchi o addirittura famosi, integrati. Mediocri.


Non c'è alcuna trama. Il romanzo è un susseguirsi di episodi autobiografici raccontati in prima persona, aneddoti anche non particolarmente epocali e riflessioni personali, che si alternano in paragrafetti separati l'un l'altro da un disegnetto di un animale o un omino nudo. Piccoli eventi, situazioni, incontri, battibecchi, circostanze anche del tutto scollegate l'uno dall'altro. Prive sia di una continuità narrativa che di una qualche "classica" rilevanza. Il tutto, in un trascinarsi sbronzo per la vita.





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