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Libri da leggere

Ultimo Aggiornamento: 23/08/2020 16:53
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Il maestro e Margherita - Bulgakov
cent'anni di solitudine - Marquez
La casa del sonno - Coe
La famiglia Wishow - Coe
Circolo Chiuso - Coe
L’armata dei sonnambuli – Wu Ming
Cronache di poveri amanti - Vasco Pratolini
Il grande Gatsby - Francis Scott Fitzgerald
I fratelli Karamazov - Dostoevskij
l'idiota - Dostoevskij
Memorie dal sottosuolo - Dostoevskij
I Demoni - Dostoevskij
Povera gente - Dostoevskij
Orgoglio e pregiudizio - Jane Austen
l'insostenibile leggerezza dell'essere - Kundera
Purificàti - Sarah Kane
Il nome della Rosa - Eco
La ciociara ,il conformista - Moravia
Il lupo della steppa - Hesse
L'orrore di Dunwich, Il richiamo di Cthulhu - Lovecraft
Camere separate - Pier Vittorio Tondelli
Dona Flor e i suoi due mariti - Jorge Amado
L'ombra del vento - Carlos Ruis Zafon (bellissimo)
In fondo alla palude - Joe R. Lansdale
Ti prendo e ti porto via - Nicolò Ammaniti
Io non ho paura - Nicolò Ammaniti
L'ultimo capodanno dell'umanità - Nicolò Ammaniti
Infinite Jest - Wallace


Norwegian wood. Tokyo blues, di Haruki Murakami - Uno dei più clamorosi successi letterari giapponesi di tutti i tempi è anche il libro più intimo, introspettivo di Murakami, che qui si stacca dalle atmosfere oniriche e surreali che lo hanno reso famoso, per esplorare il mondo in ombra dei sentimenti e della solitudine. Norwegian Wood è anche un grande romanzo sull'adolescenza, sul conflitto tra il desiderio di essere integrati nel mondo degli "altri" per entrare vittoriosi nella vita adulta…

L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera - Il romanzo, che si svolge a Praga negli anni intorno al 1968, descrive la vita degli artisti e degli intellettuali cecoslovacchi nel periodo fra la Primavera di Praga e la successiva invasione da parte dell'Unione Sovietica. La storia si focalizza sul gruppo noto come il Quartetto di Kundera, composto da Tomáš (un chirurgo di fama e successo che ad un certo punto perde il lavoro a causa di un suo articolo su Edipo che, anche a causa delle modifiche operate dai redattori del giornale a cui lo ha inviato, risulta molto critico nei confronti dei comunisti cechi), la sua compagna Tereza (una fotografa), la sua amante Sabina (una pittrice) e un altro amante di Sabina, Franz (un professore universitario). Questi quattro personaggi vengono seguiti nelle loro vite fino alla fine. Tomáš ha due interessi: il lavoro e le donne. Egli si innamora di Tereza ma non riesce a rinunciare alle sue amanti, e questo rende Tereza estremamente gelosa, ma per la sua debolezza la donna non riesce a ribellarsi e tiene per sé i suoi tormenti, fingendo di non sospettare il tradimento di Tomáš. Sabina è un'idealista, uno spirito libero. Avrà una breve storia con Franz, di cui si innamorerà perdutamente, ma, non avendo il coraggio di stabilire un rapporto serio, fuggirà lasciandolo solo, senza nemmeno una parola di commiato. Franz inseguirà il ricordo di Sabina e sarà proprio questo a portarlo alla morte.

Orlando, di Virginia Woolf - Orlando è un giovane nobile inglese; quando incontra la regina Elisabetta I, lei decide di portarlo a corte. Fino alla morte della regina Orlando vive come il cortigiano prediletto; in seguito resta alla corte del successore Giacomo I. Durante il grande gelo Orlando si innamora di Sasha, figlia dell'ambasciatore russo, che lo abbandonerà. Tornato nella casa natia Orlando fa la strana esperienza di un sonno lungo una settimana, in seguito al quale decide di partire per l'Asia orientale come ambasciatore. Qui, Orlando ripete la stessa esperienza del sonno di una settimana ma questa volta si sveglia donna…

L’amante, di Marguerite Duras - Siamo nel 1929, una ragazza di appena 15 anni (ed il cui nome non viene mai rivelato) è in viaggio sul traghetto che attraversa il delta del Mekong; è di ritorno da una vacanza trascorsa nell'abitazione di famiglia a Sa Đéc (Provincia di Dong Thap) e sta tornando nel collegio di Saigon dove studia. Mentre si trova sul ponte dell'imbarcazione attrae l'attenzione di un giovane ventisettenne di origini cinesi figlio ed erede di un importante uomo d'affari…

Americanah, di Chimamanda Ngozi Adichie - La distanza tra la Nigeria e gli Stati Uniti è enorme, e non solo in termini di chilometri. Partire alla volta di un mondo nuovo abbandonando la propria vita è difficile, anche se quel mondo ha i tratti di un paradiso, ma per Ifemelu è necessario. Il suo paese è asfittico, l'università in sciopero. E poi, in fondo, sa che ad accoglierla troverà zia Uju e che Obinze, il suo ragazzo dai tempi del liceo…

Il libro del sale, di Monique Truong - La voce sensuale di Binh, giovane cuoco vietnamita, rievoca le disavventure che l'hanno portato dalla terra natale sotto l'imperio francese alla Parigi degli anni Trenta, attraverso le onde salate dell'oceano. Un oceano su cui si dilata la pena per il distacco dalla madre e da un amore rovinoso, che ha infranto insieme i codici eterosessuali e quelli del potere coloniale. Amareggiato dalla nostalgia, nel 1929 Binh approda come cuoco in quell'alloggio parigino…

Il giardino dell’Eden, di Ernest Hemingway - In questo romanzo pubblicato postumo sono rappresentati un giovane scrittore di successo, la giovane donna affascinante e inquieta che ha sposato, la cui nevrosi scivola verso la follia, e "l'altra donna". La Costa Azzurra dei ruggenti anni Venti fa da sfondo agli ambigui giochi erotici che si intrecciano fra i tre. E parallela alla vicenda che il protagonista vive, l'altra vicenda, che il protagonista scrive: un lungo safari in Africa, un difficile rapporto fra padre e figlio, un romanzo faticosamente portato avanti.

Camera con vista, di E. M. Forster - Nello scenario lussureggiante di una primavera italiana, l'incontro di Lucy Honeychurch, timorata signorina della buona borghesia inglese in viaggio in Italia, con George Emerson, giovane schietto e anticonformista, infrange le norme del perbenismo imperante e suscita l'indignazione di una società ostinatamente attaccata ai propri pregiudizi e alle convenzioni tacitamente accettate. Ma il richiamo alla vita e all'amore, propiziato dalla trasfigurata campagna toscana, è in Lucy troppo forte perché la morale del suo tempo possa averne ragione.

Donne innamorate, di D. H. Lawrence – In questo romanzo Lawrence indaga le più diverse implicazioni dei rapporti tra i due sessi, l'assurdità delle convenzioni sociali che vorrebbero delimitarne le possibilità e i modi, il tormento dell'eterno conflitto tra istinto e intelletto, tra sensualità e ragione, sullo sfondo della società industriale inglese del primo Novecento.

Teorema Catherine, di John Green - Da quando ha l'età per essere attratto da una ragazza, Colin, ex bambino prodigio, forse genio matematico forse no, fissato con gli anagrammi, è uscito con diciannove Catherine. E tutte l'hanno piantato. Così decide di inventare un teorema che preveda l'esito di qualunque relazione amorosa. E gli eviti, se possibile, di farsi spezzare il cuore un'altra volta. Tutto questo nel corso di un'estate gloriosa, passata con l'amico Hassan, a scoprire posti nuovi, persone bizzarre di tutte le età, ragazze speciali che hanno il gran pregio di non chiamarsi Catherine.
[Modificato da Paperino! 24/03/2015 13:55]





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Libri letti
Quelli che mi vengono in mente o ho ritrovato, ovviamente...
Stephen King - Cujo
Stephen King - Christine (La macchina infernale)
Stephen King - Il Talismano
Stephen King - Stagioni diverse
Stephen King - IT
Stephen King - Quattro dopo mezzanotte
Stephen King - Il gioco di Gerald
Stephen King - Dolores Claiborne
Stephen King - Incubi & Deliri
Stephen King - Insomnia
Stephen King - Rose Madder
Stephen King - Buick 8
Stephen King - L'ombra dello scorpione
Stephen King - Desperation
Stephen King - Il miglio verde
Stephen King - A volte ritornano
Pirandello - L'esclusa
Pirandello - Il fu Mattia Pascal
Pirandello - Uno, nessuno e centomila
Pirandello - Sei personaggi in cerca d'autore
Kafka - Il processo
Stefano Benni - La compagnia dei celestini
Bulgakov - Cuore di cane*
Ben Jonson - Il dottor Sottile, l'alchimista*
Stoker - Dracula
Joe R. Lansdale - Mucho Mojo
Jonathan Coe - La Banda dei Brocchi
Vasco Pratolini - Metello
George Orwell - La fattoria degli animali
George Orwell - 1984
Saramago - Cecità
Saramago - Caino
Heinrich Boll - Opinioni di un clown
Hemingway - Il vecchio e il mare
Radiguet Raymond - Diavolo in corpo
Faletti - Io uccido
Nicolò Ammaniti - Come Dio comanda
P. Coelho - Il vincitore è solo
E.A.Poe - Le avventure di Gordon Pym
E.A.Poe - Racconti del terrore - d'incubo - del mistero**
Patrick McGrath - Follia
Saviano - Gomorra
Travaglio - La scomparsa dei fatti
Tiziano Terzani - La fine è il mio inizio
Tiziano Terzani - Lettere contro la guerra
Tiziano Terzani - Un altro giro di giostra
Che Guevara - Diario in Bolivia
Moravia - l'uomo che guarda
Hesse - Siddartha
Puskìn - Donna di picche
Puskìn - Racconti di Belkin
Puskìn - La figlia del capitano
Dostoevskij - Il giocatore
Dostoevskij - Delitto e castigo
Milan Kundera - Lo scherzo
Charles Bukowski - Il ritorno del vecchio sporcaccione
Pennac - Il paradiso degli orchi
Pennac - La fata carabina
Pennac - La prosivendola
De Carlo - Uto
De Carlo - Due di due
De Carlo - Treno di panna
De Carlo - Giro di vento
Erri De Luca - Montedidio
Agota Kristof - Trilogia della città di K.
Clarke,Kubrick - 2001 Odissea nello spazio
Bassani - Il giardino dei Finzi-Contini
Apuleio - L'asino d'oro
Petronio - Satyricon
Marziale - Epigrammi
Seneca - La Felicità*
Seneca - L'ozio e la serenità*
Oscar Wilde - Aforismi*
Freud - Psicoanalisi*
Freud - Sulla cocaina
Baudelaire - Il poema dell'hashish*
Ugo Betti - Corruzione al Palazzo di Giustizia*
Stevenson - Dottor Jekyll e mister Hyde
Agatha Christie - Dieci piccoli indiani
J.Grisham - La convocazione
Johnson Spencer- Chi ha spostato il mio formaggio?



Altri:
Francesca Melandri - Più alto del mare
Giorgio Bocca - L'inferno
Hesse - Pellegrinaggio d'autunno*
Hesse - Amicizia*
Hesse - Hermann Lauscher*
Hesse - Knulp*
Hesse - Francesco d'Assisi*
Hesse - Vagabondaggio*
Hesse - Leggende e Fiabe
Lovecraft - La casa stregata*
Raccolta "Gli indagatori dell'incubo"*:
Lovecraft - L'innominabile
Seabury Quinn - Le mummie
E. Howard - La palude
H. Hodgson - L'anello
W. Wellmann - Il rondache di Leonardo

Agatha Christie - Assassinio allo specchio
Agatha Christie - Poirot e il mistero di Styles Court
Agatha Christie - Tutte le storie di Miss Marple
Luciano De Crescenzo - Panta Rei
Luciano De Crescenzo - Tale e Quale
Giobbe Covatta - La Parola di Giobbe
Maupassant - Le Horla*
Polidori - Il vampiro*
Rosalind Laker - Riflessi di seta
Salgari - Il corsaro nero
Goldman - La storia fantastica
Conrad - L'agente segreto
Nietzsche - Ecce Homo*
Mallanaga Vatsyayana - Kamasutra*
Shirley Conran - Selvagge
Robert Ludlum - Striscia di cuoio
Huxley - I diavoli di Ludun
Charles Berlitz - Bermuda: il triangolo maledetto
Richard Wooley - Il campione
Earl Derr Biggers - Charli Chan e il cammello nero
Joseph Fletcher - Il mistero di Marchester Royal
Edgar Wallace - La porta dalle sette chiavi
Fucini - Le veglie di Neri*
Michele Serra - Gli sdraiati
Pippo Franco - L'occasione fa l'uomo ragno
Benedetta Palmieri - Un Due Tre Stella
Benedetta Palmieri - I Funeracconti
Marianna Grillo - Eden e il mare


*100 pagine mille lire
**(Il gatto nero, La caduta della Casa Usher, La sepoltura prematura, Il cuore rivelatore, Una discesa nel Maelstrom, Il manoscritto trovato in una bottiglia, Il pozzo e il pendolo; Eleonora, Morella, Ligeia, Berenice, La verità sulla vicenda del signor Valdemar, La mascherata della Morte Rossa, Il barile di Amontillado, Hop-Frog, L'appuntamento; I delitti della Rue Morgue, Il mistero di Marie Rogèt, La lettera rubata.)
[Modificato da Paperino! 23/08/2020 16:52]





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Il Vincitore è solo - P. Coelho

Un libro sulle apparenze del mondo della moda e del glamour, sull'affannoso tentativo di tanti di "arrivare", di apparire, di esser quel che non si è...di fingere di essere importanti quando non si è nessuno...
Un mondo fatto di grandi yatch, di proprietà altrui, macchine lussuose prese a prestito, grandi produttori e distributori di film che sembrano divinità e in realtà non sono nessuno e son stati messi lì a riciclare denaro altrui...
Un mondo dove in tanti cercano di arrivare, nel mentre cercano almeno di "apparire" qualcosa, anche se che non lo si è affatto, in pochi sono realmente arrivati, e chi è arrivato vive nel costante terrore di esser buttato giù e tornare nell'anonimato da cui è venuto...

Nel mezzo di tutto questo, tra la Superclasse e il popolo di finti importanti che corrono da una festa all'altra, mendicando un invito e fingendo di conoscere e possedere, arriva "il Vincitore".
Un uomo che ha perso la sua donna, e per riconquistarla decide di spegnere dei mondi.





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Come Dio Comanda - Niccolò Ammaniti

Un libro sul senso di fallimento e di emarginazione. Tanta rabbia e frustrazione, insicurezze e piccole-grandi debolezze.
Un bel libro, tutto sommato, ma non mi ha entusiasmato.
[Modificato da Paperino! 22/02/2014 17:42]





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Follia - Patrick McGrath

La vita della moglie di uno psichiatra, tra silenzi, distanze, trascuratezze familiari ed affettive.
L'attrazione di lei per un paziente, un pazzo, un uxoricida, che diviene ossessione sessuale morbosa.
Un percorso dalla solitudine interiore alla trasgressione, e poi al degrado, ed infine alla follia.

Una donna sola, incapace di rendersi conto delle conseguenze delle sue azioni, di gestire il male che riceve e quello che fa.
Un racconto molto pesante, angosciante, ma anche realistico e "psichiatricamente" molto curato...grande attenzione agli stati emotivi, alle reazioni consce ed inconsce ed ai loro significati interiori...da quelli più evidenti a quelli meno confessabili.

Consigliato?
Se volete una lettura leggera: no.
Se volete un libro scritto bene: si.





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Gli Sdraiati - Michele Serra
Un confronto tra due generazioni: quella dei 40-50enni da un lato, con tutti gli avi e la Storia dietro di loro, e quella dei 15 - 20enni dall'altro...
I primi legati alle tradizioni, al passato, al senso del dovere, i secondi tutti presi dalla loro accidia, dalle mode, dall'indifferenza per tutto, dai videogames, dall'interesse per tutto ciò che è spersonalizzante, lontano dalla terra, dalla cura delle piccole cose, dal coltivare i rapporti familiari e umani in genere, dalla sostanza, e lontano da tutto ciò che è impegno, cultura, valori...per confondersi nel grande mare del consumismo e del rassicurante appiattimento nella mediocrità.

L'ansia di una generazione di non capire l'altra, di non riuscire a trasmetterle dei valori, se non i propri almeno dei valori, di vederli perdersi nel nulla, Nel dolce far niente, nel non assumersi responsabilità, nella diseducazione.
L'impressione che nulla tanga questa nuova generazione, nulla la tocchi, almeno non in apparenza.
Un confronto che si fa scontro, fino a trasformarsi in una epica guerra immaginaria tra i Giovani, forti, vigorosi, in salute, e l'esercito dei Vecchi capitanato da Brenno Alzheimer, deboli e malfermi ma che possono contare su di numero strabordante...una guerra sanguinosa tra il vecchio e il nuovo...dove la nuova generazione è così diversa da sembrare una nuova razza, quasi un'involuzione della specie.

COMMENTO
Non so se consigliarlo. Qualche papà potrebbe trovarlo anche molto interessante, nelle riflessioni, nei dubbi dell'io narrante...ma tutto sommato un libro che, tolti forse brevi momenti, è del tutto privo di azione e di trama, e completamente, forse eccessivamente, calato in una dimensione esclusivamente riflessiva. Il rischio, per chiunque non si trovi a vivere la stessa "fase" dell'io narrante, è quello di perdersi nella noia.





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07/04/2014 18:31
 
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Dostoevskij - Il giocatore
Con un titolo così, non poteva non attirare la mia attenzione.
E' un libricino abbastanza scorrevole, che c'entra perfettamente l'ansia e l'imprevedibilità, l'assoluta "ingiustizia" del gioco, nel suo decidere tutto, i vincenti ed i perdenti, le fortune e le sfortune, con un giro di pallina.
Il passaggio dal gioco curioso all'attaccamento morboso, folle, i voli dalle stelle alle stalle e viceversa, che avvengono in maniera così brusca, repentina, scalate al successo e veloci rovinose cadute, tutto in un singolo giro di roulette.
Tutto questo, fino all'inevitabile epilogo: la vita distrutta, il ridursi in rovina, alla povertà più assoluta, che è l'unico possibile esito cui può giungere un gambler.

Ovviamente, ho raccontato in termini "attuali" qualcosa che è pur sempre narrato con l'inconfondibile stile russo, con un linguaggio essenziale ed un manierismo, nei dialoghi come nelle descrizioni, che appartengono ad un'epoca passata.





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16/05/2014 14:49
 
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Montedidio - Erri De Luca
Napoli dei primi anni '60, coi suoi vicoli, la gente, la povertà, le miserie e le tante bellezze. La poesia.
Un ragazzino che diventa ragazzo, che cresce e anche in fretta, in una Napoli dove si cresce sempre troppo presto. Il passaggio dall'incoscienza alla consapevolezza...alla scoperta di sé, del proprio corpo, dell'amore, del sesso, del diventare adulti con tutto il bello ed il brutto...
La scoperta e la consapevolezza dei cambiamenti in atto, così repentini. Il passaggio dall'irrilevanza dell'esserci al peso e all'importanza di essere, e di essere forte, presente, responsabile, amato.
Una ragazzina che cresce con lui, già molto più grande della sua tenera età, già per forza donna.
La loro storia ruota intorno al consolidarsi di un legame sempre più solido, complice, fatto di scoperta di sé e dell'altro, un rapporto estremamente più maturo di quanto la reciproca età consentirebbe...maturo come tra due tredicenni può essere solo in quella Napoli, bella, poetica e durissima, degli anni successivi alla guerra.

Uno stile di scrittura singolare, poco narrativo e molto riflessivo, che segue il ritmo di un avanzo di bobina che si arrotola, diventando via via più pesante dalla parte scritta, lasciando il lettore dell'attesa impaziente delle parti ancora da scoprire...che via via si srotolano fino al finale...





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07/08/2014 14:27
 
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Heinrich Boll - Opinioni di un clown
È un romanzo ambientato nella Germania del dopoguerra, incentrato sull'ipocrisia della morale cristiana, dei circoli cattolici, sul bigottismo, la durezza di principi di ordine e di legge rispondenti più a una morale collettiva che individuale, dove semmai l'individuo ne viene inglobato quasi attraverso un lavaggio del cervello, e ne accetta ottusamente i canoni.
L'incoerenza, il finto pentimento, la capacità di alcuni di esser sempre in linea col vento del momento, di passare, senza colpo ferire, dalla morale e dalla violenza nazista alla morale democratica e di integrazione razziale, e la stupidità e scarsa personalità di altri che si fanno trascinare ottusamente e acriticamente nel nuovo sistema di regole sociali, di socialmente giusto e socialmente sbagliato, di buoni e cattivi, di allineati e non. Donne che seguono passivamente il marito, identificandosi talmente nel suo pensiero al punto da annientare se stesse, perdere una propria personalità autonoma, seguendo le proprie naturali simpatie verso una persona finché è "in grazia", e relegandolo nell'alveo delle persone che hanno deluso e da allontanare non appena non sono più ben viste dal marito o dalla società. Donne, come Maria, che arrivano a convincersi, o che vengono convinte dei "principi di ordine" e di legge fino al punto da dissolvere rapporti umani e abbandonare il proprio uomo, colpevole di essersi posto troppo al di fuori dei canoni socialmente accettabili secondo una buona morale cattolica.

La scena è dominata dal dolore per la perdita della donna amata, e in essa la trama si svolge e procede quasi esclusivamente al passato, affidata ai ricordi del protagonista, un clown, calato in una feroce solitudine, che danno al romanzo un tono decisamente penoso e malinconico. Tutto ruota intorno alle riflessioni di Hans sulla società piccolo borghese del dopoguerra, che egli osserva attraverso la maschera profonda e triste del clown, e mette a nudo con occhio spietato, rivelandola nelle sue mille contraddizioni, mentre egli stesso si lascia passivamente trascinare in un vortice di abbandono, fino all' autodistruzione come estremo atto di ribellione.

È un testo profondo, non ha una trama articolata e/o avvincente, anzi, l'azione è fortemente limitata, oserei dire ridotta all'osso, e tutto si svolge in maniera introspettiva, lasciandoti forti sensazioni addosso e per questo assolutamente consigliato.





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09/11/2014 15:20
 
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Dostoevskij - Delitto e castigo
Un romanzo incentrato nella Russia dell’800, tratteggiata con tinte grigie, scure. In quest’ambientazione, in cui pare che l’azione avanzi a rilento, interrotta dalle riflessioni e dall’introspezione del protagonista e dei suoi interlocutori, in cui si ha quasi la percezione che tutto il narrato avvenga quasi sempre in penombra, o di notte, mai davvero al chiaro del sole, emergono i personaggi, tratteggiati ciascuno con un suo spessore. Le virtù e la timidezza delle donne di buona educazione, la modestia e l’umiltà, ma anche l’orgoglio, pur quando accompagnate da condizioni di vita e sociali a dir poco condannate, pregiudicate. Una Russia dove a un popolino povero, affogato nella miseria, si contrappongono notabili, uomini di Stato e persone che possono sciorinare le loro fortune, beneficare, esser grand’uomini o invece depravati, o ancora aridi ed arroganti profittatori, pieni di sé e del proprio denaro/potere.

Il protagonista, Raskolnikòv (il cui nome richiama il concetto di anarchia), è un ragazzo (come l’amico di sempre, Rasumichin [ragione/ragionevole]), un ex studente universitario, poco più che ventenne, orgoglioso, brillante, incline alla stizza e a sfuggir irritabile e scorbutico gli altri, chiuso nelle sue pene interiori, nella sua ipocondria, nel malessere causato da una condizione economica misera, che gli ha fatto abbandonare l’Università e lo costringe a vivere in cenci in una stanzetta angusta e buia, col timore di incontrar la padrona che possa urlargli per i pigioni arretrati, col pensiero penoso delle condizioni e delle scelte cui son costrette, lontano da lui, le persone più care: la madre e la sorella.

In tal contesto, ecco quell’idea. L’idea che il mondo sia da sempre popolato da uomini comuni, che soggiacciono alle leggi e seguono il corso della Storia, e uomini non comuni, che la Storia, nel loro esser Grandi, la devono fare. La piegano a se, e nel farlo, nel perseguire la grandezza dei loro interessi e propositi, nel cambiare l’ordine e le stesse leggi, pur hanno travolto, e sparso sangue, e ucciso, e violato regole morali. Napoleone, non ha forse sparso sangue? E, vincendo, non è forse stato onorato, come uomo che ha raggiunto i suoi obiettivi, che ha ristabilito un nuovo potere? I governi forse non bombardano? E nel farlo non uccidono innocenti?
E nell’affermarsi, anche se questo comporta violazioni di regole e violenze, una volta vincenti, non sono forse legittimi, onorati, riconosciuti? Non sono Legge?
E perché dunque, se è vero che la Storia si fa a dispetto delle regole, e i grandi perseguono il loro percorso anche travolgendo innocenti, lui non potrebbe schiacciare solo un pidocchio? Se il mondo è popolato di tanti pidocchi, tanti esseri privi di utilità e virtù, lui non potrebbe tentare di riscattare sé e la sua famiglia a vita migliore, quando semplicemente ciò significasse schiacciarne uno? Se uccidere una vecchina, una usuraia priva di cuore e utilità, fosse il mezzo, il delitto necessario a porre il primo tassello verso una vita migliore, perché non potrebbe egli tentare di seguire le orme di un uomo non comune? Qualcuno degli uomini non comuni si è forse mai fermato, dinanzi a un dilemma del genere?

Le certezze vacillano nel momento in cui il protagonista è posto dinanzi alla sua coscienza. Un uomo non comune travolge, uccide, cambia le regole e tira dritto, verso la sua grandezza. Non ha paura, non si ferma per voltarsi indietro, per pentirsi delle sue azioni, per costituirsi, per farsi scrupoli. Non si sofferma su ciò che ha fatto, ma sul percorso che ha davanti e i suoi obiettivi, sul nuovo Ordine: in ciò egli è non comune. E può il protagonista fare altrettanto?
Andare oltre senza i morsi della coscienza, senza cadere in delirio o confusione, e spaurirsi per ciò che ha compiuto, per la grandezza delle sue conseguenze, per l’impatto che ciò ha in lui e tutt’intorno?

La morte di un uomo sotto un carro, e la sua generosa risolutezza ad aiutarne la famiglia, e con essa Sonia, sembra l‘evento decisivo che risolleva Raskolnikov, salvandolo da una resa certa, nella battaglia con se stesso, e riconsegnandolo al suo cammino verso il riscatto e l’onore.
Ma, presto, la coscienza ritorna alla carica, più cupa e forte che mai, fino alla resa dei conti finale.
In questo, nella scoperta di non poter appartenere agli uomini non comuni, con le sue paure, i dubbi, gli incubi, ecco il grande fallimento del tentativo. Ecco la deriva verso l’inevitabile castigo, cui non i grandi uomini, ma solo i pusillanimi son condannati.
Non per il crimine, che non è riconosciuto nemmeno come tale, ma per non aver saputo reggere al confronto con la grandezza.

Ritorna, in questo testo, un motivo comune in Dostoevskij: tutta la vita di un uomo svolta, all’improvviso, e prende un percorso fortunato in conseguenza di un singolo episodio, oppure allo stesso modo, con la stessa ineluttabile semplicità, cade in rovina.
Un giro di pallina, il caso, un evento fortunoso, un singolo tentativo riuscito o fallito e tutto è deciso. Ecco l’esaltazione, la gioia, la ricchezza, il potere e gli onori, oppure, a rovescio, disgrazia, disperazione e povertà. Ecco, ancora una volta, come un singolo evento, andato dritto oppure no, possa determinare la salvezza di un uomo, o la sua definitiva perdizione.
[Modificato da Paperino! 09/11/2014 15:52]





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Saramago - Caino
La storia di Caino, l'uccisione di Abele e la sua condanna all'esilio e ad un peregrinare senza meta. Saramago ci racconta questo Viaggio nelle lande desolate dei primordi, quando anche le parole erano al loro inizio, un viaggio nel tempo e nello spazio con il quale ci presenta, attraverso gli occhi del protagonista, tutti i passaggi cruciali dell'Antico Testamento.
Sono gli occhi diffidenti ed ostili di un uomo che ha ucciso il fratello ed ha perso tutto, ma che in quello scenario non è migliore né peggiore degli altri, o dello stesso Dio, con cui in più occasioni si scontra, apparendo anzi spesso più coerente ed umano.
Dall'uccisione di Abele alla presa di Gerico, dalla Torre di Babele a Sodoma e Gomorra, fino all'arca di Noè...passando per l'ordine dato ad Abramo di uccidere il figlio, solo per provarne la lealtà, o dalla scommessa fatta con Satana sulla pelle del povero Giobbe.

Attraverso gli occhi di Caino, tutti gli eventi vengono vissuti ed analizzati nella loro crudezza, nella loro brutalità, incoerenza, capricciosità di fondo. Il Dio dell'Antico Testamento è un Dio invidioso e rancoroso, che agisce secondo il capriccio del momento e schermandosi dietro "l'imperscrutabilità" per ogni incoerenza o bassezza del suo operato e vendicandosi di chiunque lo metta in discussione.

"...Si è piegato alla mia autorità. ha riconosciuto che il mio potere è assoluto, illimitato, che non devo rendere conto se non a me stesso né reprimermi per considerazioni di ordine personale e che, questo te lo dico ora, sono dotato di una coscienza talmente flessibile da trovarla sempre d'accordo con qualsiasi cosa io faccia. E i figli che Giobbe aveva e sono morti? Ne avrà altri 10...".

Le Scritture presentano fin troppi passaggi difficili da conciliare con una qualsiasi morale "Cristiana", per quanto elastica essa sia, e Saramago presenta la sua critica feroce attraverso un testo molto ironico, sarcastico, dialoghi surreali, con i quali riesce sia a scuotere che a far sorridere il lettore.
La scrittura è nervosa, veloce, con uno stile che sembra proprio quello dell'inizio dei tempi, dove le frasi si susseguono con una punteggiatura approssimata e nella quale, quando ci sono discussioni, si fa perfino fatica a capire chi abbia detto cosa.





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Trilogia della città di K. - Agota Kristof

Trilogia della città di K. è il racconto di due bambini, due gemelli inseparabili, calati nel contesto di una imprecisata città di frontiera dell'est Europa durante la seconda guerra mondiale.
Un contesto di povertà, disperazione e morte, che porta ad una miseria, degenerazione, aberrazione tali da smarrire il senso non solo della società e dei limiti, ma del valore stesso della vita, e quindi della stessa umanità.
Una realtà in cui concetti come i valori personali e sociali, o anche solo come la pulizia, l'igiene, la cura verso se stessi, diventano un lusso o una leziosità.
La narrazione procede in maniera secca, sbrigativa, disumanamente concentrata sulla realtà, nuda e cruda. Una realtà ripulita, al meglio possibile, di qualsiasi emozione, anche nei passaggi più umanamente drammatici, come se l'emozione non facesse più parte della realtà, della realtà vera, ma solo di una debolezza personale, come tale effimera e rinunciabile. Un lusso, in tempi di tale miseria. È come se tutto fosse filtrato attraverso gli occhi apatici di una persona sotto shock, circondata di una realtà troppo feroce per concederle ancora sorpresa, umanità, e quindi dolore.
È la storia di due gemellini e del loro percorso per abituarsi a tanta ferocia e - soprattutto - a tanta privazione, che è privazione non solo materiale, dovuta alla loro povertà, quanto principalmente emotiva. Un percorso di solutidine, dove quindi la presenza dell'altro è talmente essenziale da divenire anomala, innaturale, patologica. Due bimbi che parlano con una voce sola, che sperimentano assieme il male e ci si esercitano per abituarcisi, fondendosi l'un l'altro. Due bimbi che giocano a esser uno cieco, e l'altro muto, cambiandosi poi i ruoli, solo per poter esser pronti ad ogni mancanza, a tutto ciò che ancora potrebbe accadere.

La narrazione, che inizialmente sembra poter procedere solo sui freddi binari della realtà nuda e cruda, evolve col passare del tempo e la crescita dei personaggi. La realtà, fredda ed asettica, sembra d'improvviso distorcersi, perdendo il suo ruolo di punto di riferimento certo e assoluto. I tempi si accorciano e si riallungano, deformandosi come in una dimensione parallela, ed il lettore si smarrisce, mentre realtà, narrazione, fantasia, letteratura paiono confondersi tra di loro. Si perde il filo di ciò che è reale e ciò che non lo è più, si perde il contatto tra ciò che realmente accade, e ciò che è solo immaginato, desiderato, o fantasticato.
Sono le emozioni che infin riemergono rieplodendo in maniera prepotente, squarciando così il velo di una realtà opaca ed ovattata, troppo fredda per esser vera, e mostrandone una nuova.
Una realtà in cui la solitudine non era in realtà solo oggettiva ed asettica solitudine, nuda e cruda, ma anche e soprattutto inconfessabile bisogno di non esser più soli.
Il desiderio di famiglia, amore, calore. Un desiderio per lunghi anni nascosto, negato, domato come fosse una belva feroce, ma ancora talmente forte, viscerale, da rieplodere con tutta la sua prepotenza. Con tutta la sua tragica umanità.
Un realtà nuova, più vera, in cui la solitudine riappare nella sua forma più sincera, come era effettivamente stata, così disperata da non poter esser accettata, e da dover esser quindi attenuata, sostituita, nell'immaginario, da una solitudine meno sola.
Una nuova verità, in cui la solitudine era troppa, per poter esser davvero accettata così com'era. Nuda e cruda.
[Modificato da Paperino! 08/05/2018 00:10]





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21/05/2018 11:50
 
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Più alto del mare - Francesca Melandri
Siamo su un'isola che ospita un carcere per detenuti speciali - terroristi, pedofili etc... - sullo sfondo di un'Italia percorsa dalla violenza ideologica degli anni '70.
Il romanzo si sofferma sulla descrizione degli scorci e delle meraviglie naturali, del profumo degli alberi e del mare, degli scogli, delle onde, dei ricci...di un paesaggio incantato ed incontaminato, di una bellezza che lascia senza fiato.
Una bellezza che fa da cornice di contrasto, lasciando emergere ancora più prepotentemente la durezza delle condizioni carcerarie, e l'ambiguità e la miseria della condizione umana.
La bellezza della natura, la sua calma, sembrano in ogni passaggio suggerirne anche l'innata ferocia, l'ineluttabile pericolosità primordiale che la accompagna.
Quello che vi è rappresentato è il dramma dei detenuti, il dramma dei parenti che vanno a trovarli, ed il dramma delle stesse guardie carcerarie: ognuno calato nella sua divisa, ognuno col suo ruolo ed il suo copione che l'immenso teatro politico, sociale, ideologico e criminale dell'Italia dell'epoca ha scritto e consegnato a ciascuno.
Un copione che costringe, che forza, che alla fine snatura non solo i detenuti, ma anche e soprattutto i secondini.
Imprigionati in un ruolo, in una divisa, dalla quale si pretenderebbe di tracciare subito tutti i meriti o le colpe d appartenenza per il solo fatto di averla indossata, l'esser amico o nemico, ma dietro la quale, alla fine, vi è sempre e solo un uomo.
Ed è la storia di Paolo e Luisa, entrambi in visita chi del figlio, chi del marito, detenuti per omicidio. Entrambi bloccati sull'isola da un'improvvisa tempesta, e costretti così a confrontare i propri drammi e le proprie solitudini, trovando ciascuno nell'altro un po' del proprio stesso dolore.





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Charles Bukowski - Il ritorno del vecchio sporcaccione
In Bukowski è forte l'insofferenza e la sofferenza verso un sistema che ti incanala in percorsi stabiliti, nel suo ciclo produttivo alienante, che ti deruba del tuo tempo, della tua persona, della tua umanità. Di ciò che desidereresti più semplicemente per te se non fossi troppo occupato per domandartelo. Mandrie di persone, dall'operaio al professionista più affermato, che corrono tutta la settimana, per poi ritirarsi nei loro loculi-condomini ed avere a stento il tempo della doccia e della loro solitudine. Donne in carriera, in forma, che al termine di una settimana di lavoro si ritrovano nei loro bei appartamenti, a programmare l'uscita del week end come sempre in bilico tra il desiderio di incontrare qualcuno e la probabilità di essere la tacca sulla cintura del prossimo collezionista. Sole.
Un sistema che ti strangola nella sua catena di montaggio, nelle regole già fatte, economiche e non solo, con il conseguente prorompente bisogno dell'autore di romperle: schemi, aspettative, regole, soprattutto sociali. Soprattutto se di opportunità, o decenza, o anche semplicemente di igiene personale.
La società ti impedisce di esserne fuori. È un patto che accetti nascendo e che poi devi rispettare. Non puoi riavere la tua unicità senza con ciò correre il rischio renderti "strambo", o reietto, o sporco...il derelitto malmesso buttato sulle scale da guardare con circospezione, o magari un pericoloso, un pervertito. Ed è quella che Buk rivendica: la sua unicità, anche a costo di ritrovarsi talvolta ad essere lui lo sporco, il reietto barbone del caso.
I rapporti, le relazioni, i sentimenti, le aspettative, la vita: tutto è raccontato in maniera cinica, cruda, diretta, crudele.
È un mondo dove sembra che non ci sia spazio per raccontare la realtà in alcun altro modo, senza con ciò scadere nell'ipocrisia, nel compromesso, nella falsità.
Il sesso, ad esempio, è vissuto senza tanti fronzoli, quasi con brutalità, liberato di orpelli e giri di parole, di qualsiasi politicamente corretto o comportamentalmente opportuno. Sincero, nella sua animalità. Asentimentale.
Le Donne lo vivono con maggior emozione, un misto di trasporto e pateticità, magari per una vita che non è andata, per qualcosa che è stato loro tolto. Sono necessarie, anzi utili, ma anche pazze e impossibili da reggere sul lungo periodo.
Bere è un modo per evadere, perché senza evasione, così, è troppo dura.
Non c'è gioia, non c'è enorme speranza. È una umanità derelitta, quella che emerge dalle pagine di Bukowski. Una umanità a volte divertita, ironica, a volte ipocrita, a volte sporca e malvagia, e lui la accetta com'è, passivamente, guardandola attraverso gli occhi di un inutile sbronzo che non sa cosa farci.
E, difatti, di fronte ad un compagno che aggredisce e stupra una ragazza, nulla di meglio trova da fare che attaccarsi, inetto, a una bottiglia.
La condanna del gesto c'è, beninteso. Ma non è una condanna morale: troppo di sbagliato è implicito nel concetto stesso di immorale. E allora, esiste si un male, un senso dell'ingiusto, ma non è in grado di definirlo, visto che ogni definizione lo riporta verso l'idea di morale, ossia di quelle regole della società che ripugna.
È un'umanità che di fondo si trascina, chi più consapevolmente, come lui, e quindi sudiciamente, da sbronzo, e chi meno, e quindi magari anche con la sua bella vita socialmente accettabile.
(Con il lavoro, il bel giardino, la bella moglie, e tutta l'ipocrisia ed il compromesso necessari a non accorgersi della propria infelicità, insoddisfazione, alienazione, privazione, incasellamento, rinuncia a tutte le proprie stranezze o particolarità socialmente non utili, o non produttive, o non opportune).
Non che non esista, nella massa, una generale propensione alla omologazione. Una loro mediocrità intrinseca. Quelli sono i migliori, magari ricchi o addirittura famosi, integrati. Mediocri.


Non c'è alcuna trama. Il romanzo è un susseguirsi di episodi autobiografici raccontati in prima persona, aneddoti anche non particolarmente epocali e riflessioni personali, che si alternano in paragrafetti separati l'un l'altro da un disegnetto di un animale o un omino nudo. Piccoli eventi, situazioni, incontri, battibecchi, circostanze anche del tutto scollegate l'uno dall'altro. Prive sia di una continuità narrativa che di una qualche "classica" rilevanza. Il tutto, in un trascinarsi sbronzo per la vita.





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23/08/2020 16:53
 
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Milan Kundera - Lo scherzo
Milan Kundera ci racconta la Cecoslovacchia del dopoguerra, pervasa dai movimenti ideologici e universitari che accompagnarono l’affermarsi del comunismo. È una società caratterizzata dalle antiche tradizioni popolari, dalla musica morava, ma segnata anche dalla pomposità cerimoniale voluta dal regime, in plateale contrasto con la povertà dei paesaggi e della popolazione. Una società in cui l’ideologia collettiva si fa sempre più forte, affermandosi come una fede in cui ci si può solo identificare in toto o divenirne nemici.
Si afferma una morale collettiva, di partito, che nega l’esistenza di una morale individuale che possa non coincidere perfettamente con la prima. L’individuo ne viene schiacciato, distrutto: deve incasellarsi nel sistema collettivo, adattarvisi corpo e anima, con gioia rivoluzionaria, o ne è espulso come corpo estraneo, additato come pericoloso, perverso, nemico.
L’individualismo, l’intellettualismo, tutto ciò che ruota intorno identità e alla singola persona è negato come immorale, disdicevole. Anche solo un sentimento di nostalgia o di tristezza è visto con sospetto in quanto inadatto all’ottimismo rivoluzionario di partito.
La distruzione di una morale e dei sentimenti individuali, porta all’orrore dell’annientamento dell’individuo. Egli non ha un proprio essere, una propria esistenza, una propria verità che è vera e oggettiva a prescindere da tutto, ma esiste in funzione del partito. La verità è ciò che il partito stabilisce che sia.
Che tu sia una persona onorevole, valorosa, rispettabile, dipende da quanto tu sia in grado di conformarti alla morale collettiva. Nel momento in cui ti poni fuori della sua grazia, divieni un perverso, un abietto, un nemico del popolo, un individuo. E diventarlo è un attimo.
Basta un evento sfortunato, una circostanza occasionale, una parola di troppo. Anche solo il modo di sorridere può esser preso a pretesto e divenire motivo di rovina.
Perfino uno scherzo.
Una volta definiti individualisti, intellettuali, imperialisti, nemici, essi semplicemente lo sono. Lo diventano. Caduti in disgrazia presso il partito, non esiste nessuna verità oggettiva cui aggrapparsi. Non conta chi tu sia realmente o cosa provi: la verità è solo quella ufficiale, essa si sovrappone alla realtà oggettiva e la sostituisce. Da quel momento, la verità oggettiva diviene l’ombra sbiadita ed impalpabile della verità ufficiale. Chi si ostina nel tentativo di dimostrare il contrario, rimarrà schiacciato dalla propria ottusa perseveranza. Dalla propria cecità. Il contrario non esiste.

E così, accade che come in una commedia pirandelliana, tutti gli attori indossino, con maggiore o minore fortuna e consapevolezza, delle maschere, recitando il ruolo dei fedeli e gioiosi servitori del comunismo.
Alcuni, i più ottusi, riescono alla perfezione e senza grosse difficoltà ad identificarsi con i principi ed i dogmi collettivi, nei diktat, vivendo il dissidio soltanto di fronte alle contraddizioni ed alle bruttezze più palesi (sarà giusto che mi ordinano di lasciare il mio uomo?), dimostrandosi ottimi servi di partito.
Altri si servono della propria ipocrisia, della loro doppiezza, che gli consente di recitare al meglio il ruolo al punto da divenire trascinatori, leader, i più amati del partito. Essi sono destinati ai ruoli più elevati, ma sono anche quelli che sapranno saltar giù per primi per adattarsi meglio e senza pathos ai cambiamenti.
Altri, ancora, inseguono e vivono all’ombra di quegli ideali, nei quali si autoconvincono di identificarsi, interrogandosi però di continuo e vivendo un dissidio interiore tra ciò che sono e ciò che aspirano ad essere, rischiando così di finire perennemente in crisi. Essi sono, nel loro vivere in maniera così critica e sofferta, e quindi in ogni caso viscerale, quegli ideali e quel tempo, anche quelli che – paradossalmente – vi resteranno legati maggiormente, e meno saranno in grado di scrollarseli di dosso al cambiare dei tempi.
Soprattutto tra questi ultimi, accade che alcuni, non soccorsi dalla stupidità né dalla fortuna, cadano in disgrazia presso il partito, e per chi incorre in questa sventura non vi è alcuna speranza.
“Lo scherzo” di Kundera è dunque la storia di un’ingiustizia.
La storia di uno scherzo non compreso, uno scherzo sciocco, ingenuo, innocente (o forse frutto di una ribellione interiore più profonda?) che diviene il pretesto per la caduta in rovina del protagonista.
Dichiarato nemico ed espulso dal partito, Ludvìk inizierà una veloce parabola discendente, una caduta in disgrazia segnata dal dolore, dal senso di ingiustizia, e poi da un sarcasmo amaro, ed infine un rancore via via crescente verso quegli attori ipocriti e quegli ideali che ne avevano segnato la condanna.
Fin a quel momento teso nello sforzo, non sempre scontato, di identificarsi con i valori di partito, Ludvìk si sente dapprima incompreso, gettato tra reietti e nemici, in una realtà che non sente appartenergli e da cui conta di riscattarsi, dimostrando la propria estraneità. La verità dei fatti, la verità di se stesso.
Sino a scoprire, ben presto e con dolore, che non ne esiste una. In un crescendo di frustrazione, e poi rancore, capisce che non vi è alcuna verità da dimostrare. Ciò che lui sente di sé, altro non è che un’ombra, un’eco della verità ufficiale. Capisce che è calato non tra i nemici del partito, ma tra altri disgraziati, non peggiori ma in fondo neppure migliori di coloro che li avevano condannati. Non diversi, solo più miseri. Caduti in disgrazia per le casualità più disparate, altro non erano che individui, a loro volta pronti ad indossare una maschera e fare branco, divenire partito contro il singolo di turno.
Il rancore per la sua vita distrutta travolge il protagonista, impedendogli di rapportarsi alla realtà che lo circonda e di capire gli altri, dai quali si sente solo tradito, di capire Lucie, che perde senza averla mai nemmeno lontanamente compresa, perché incompresa, triste e tradita è la sua stessa esistenza.
Il tutto, fino allo “scherzo” finale, uno scherzo stavolta non ingenuo e non innocente. Una vendetta. Oscena, volgare, meschina, frutto di nient’altro che dell’odio covato negli anni. Una vendetta patetica.
Una vendetta inutile perché il tempo cancella tutto: tradizioni, guerre, successi e ingiustizie perpetrate o subite, col loro perdono o vendetta…a nulla il tempo pone riparo, tutto è cancellato nell’oblio. È il passato stesso che svanisce, dimenticato, superato, rendendo inutile e patetica anche una vendetta.
E tragicomica, grottesca, triste è la felicità di Helena, che balla sbattendo a destra e sinistra i suoi seni flaccidi, gioiosa, rinata nel suo nuovo amore, inconsapevole dei reali sentimenti e dei piani del suo amante. Helena che ne abusa con la sua gioia ed il suo corpo, rendendo non solo patetica, ma addirittura ridicola la vendetta di Ludvìk, vittima del suo stesso scherzo come di tutta la sua vita, distrutta e indissolubilmente legata ad un passato nel quale ormai neppure i suoi stessi carnefici si identificano più





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